Che cos'è la bellezza? Sintesi dell'incontro con il Prof. Umberto Curi
“Se non me lo chiedi, sono certo di saperlo, ma se sono chiamato a rispondere, allora mi confondo e non sono più certo di nulla”. Questo diceva Agostino del concetto di tempo, e certamente lo stesso si può dire della bellezza.
Eppure come non porsi questa domanda in apertura del corso SPE che ha per oggetto, quasi per missione, proprio la liberazione della bellezza che è in noi e fuori di noi?
Umberto Curi ci ha regalato sabato 13 dicembre, in apertura del 13° ciclo della SPE, la limpidezza del pensiero, la leggerezza di chi non impone verità ma indica punti di vista, l’eleganza della parola e del gesto.
Artigiano, da Ars (arte), che in greco era detta Technè. L’arte di saper fare. La capacità di creare. Uomo artigiano, uomo artefice.
Della bellezza si hanno comunemente due concezioni.
“Bello è ciò che mi piace”, con la conseguenza che tutto è bello (e quindi niente lo è), poiché viene inteso come soggettivo e mutevole da persona a persona.
Oppure si intende bello ciò che rispetta i canoni accettati comunemente della bellezza classica. Armonia, proporzione , accostamenti, che hanno assunto il valore di canone, di modello. Ciò è accaduto non solo molto dopo che i loro creatori (artigiani) erano scomparsi, ma dopo che la stessa civiltà antica si era eclissata.
Siamo infatti noi moderni ad aver inventato l’estetica, ovvero la dottrina del bello, distinguendo in tal modo il bello dal bene (di competenza dell’etica ) e dal vero (di competenza della logica).
Questa articolazione della filosofia si è affermata in epoca illuministica ed è Baumgarten nel 1753 a parlare per la prima volta di estetica.
Ma cosa significava allora bellezza per i Greci antichi?