Umberto Curi
Umberto Curi Dopo aver conseguito la laurea (1964) e successivamente la specializzazione (1967) in filosofia, nel 1971 consegue la libera docenza in Storia della filosofia moderna e contemporanea. Dal 1986 è professore ordinario di Storia della filosofia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Padova, presso la quale ha presieduto anche il corso di laurea in Filosofia, dal 1994 al 2008. Ha diretto per oltre vent'anni la Fondazione culturale “Istituto Gramsci Veneto” ed è stato anche per un decennio membro del Consiglio Direttivo della Biennale di Venezia.
Formatosi alla scuola di Carlo Diano, Marino Gentile e Paolo Bozzi, in una posizione comunque di spiccata indipendenza, all'incirca all'inizio degli anni settanta incontra Massimo Cacciari. A partire da quel topos, si avvia un sodalizio estremamente solido e fecondo, all'insegna di una comune ricerca del nuovo, e di un impegno teoretico rigoroso, che va oltre il piano strettamente scientifico, in direzione di una partecipazione civile e politica mai assorbita dentro gli schemi dell'ortodossia, ispirata alla massima autonomia del lavoro intellettuale.
Nella sua più matura attività di ricerca, si possono individuare tre fondamentali linee di indagine: la riflessione sul nesso politica-guerra e sulla nozione teoretica di polemos, lungo la linea che congiunge Eraclito a Martin Heidegger; la valorizzazione della narrazione, sia intesa come mythos, sia concepita come opera cinematografica; la meditazione su alcuni temi fondamentali dell'interrogazione filosofica, quali l'amore e la morte, il dolore e il destino.
Ha vinto l'edizione 2010 del Praemium Classicum Clavarense.
Fra le sue numerose opere della fase più matura, di particolare rilievo sono:
- Endiadi. Figure della duplicità, Feltrinelli, Milano 1995
- Polemos. Filosofia come guerra, Bollati Boringhieri, Torino 2000
- La forza dello sguardo, ivi 2004
- Meglio non essere nati. La condizione umana tra Eschilo e Nietzsche, ivi 2008.
L'assiduo lavoro di filosofia del cinema è testimoniato soprattutto da:
- Lo schermo del pensiero. Cinema e filosofia, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000
- Un filosofo al cinema, Bompiani, Milano 2006.
Rifiutando di riconoscersi in qualunque “ismo”, comunque declinato, lo stesso Curi ha dichiarato di vedersi sinteticamente “rappresentato” in due citazioni:
« Quelli che non sono veri filosofi, ma hanno soltanto una verniciatura di casi umani, come la gente abbronzata dal sole, vedendo quante cose si devono imparare, quante fatiche bisogna sopportare, come si convenga, a seguire tale studio, la vita regolata di ogni giorno, giudicano che sia una cosa difficile e impossibile per loro [...] A questa gente bisogna mostrare che cos'è davvero il mio studio filosofico, e quante difficoltà presenta, e quanta fatica comporta. »
(Platone, Lettera settima)
« La libertà non è soltanto l'essere-liberati dalle catene né soltanto l'esser-divenuti-liberi per la luce, ma l'autentico essere-liberi è essere-liberatori dal buio. La ridiscesa nella caverna non è un divertimento aggiuntivo che il presunto "libero" possa concedersi così per svago, magari per curiosità,…ma è, esser-ci dentro tutto, essa soltanto, il compimento autentico del divenire liberi. »
(Martin Heidegger, L'essenza della verità, a cura di Franco Volpi, Milano 1988, p. 116)
Ne La brama dell'avere (2016), scritto con Sabino Chialà, si ha un attento e puntuale riesame sia storico-filosofico che critico-filologico della fondamentale categoria esistenziale dell'avere, alla luce dell'odierno assetto socio-comunitario.