18 Dic2013
CON IL PROFESSOR ALMAGISTI IN DIRETTA SULLA STORIA
Tutta questione di Capitale Sociale, anche i forconi. Con il professor Marco Almagisti alla ricerca dalle origini della crisi della rappresentanza. Perché è un fatto (le manifestazioni di questi giorni lo testimoniano) che stiamo vivendo la più grave crisi della rappresentanza dalla nascita della Repubblica.
La politica è lontana, addirittura nemica, i partiti non ascoltano e non rappresentano la Nazione, questo il "mood" dominante, questo l'ospite inquietante (parafrasando Nietzsche) che si aggira sempre meno furtivo nelle stanze della nostra casa comune.
Il professo Almagisti ha preso le mosse da un'opera fondamentale per una intera generazione di politologi: "La tradizione civica nelle regioni italiane"di Robert Putnam.
Nel 1970 questo giovane studioso americano si reca nel nostro Paese ad assistere ed indagare un evento politico unico, grazie al quale l'Italia si conferma ancora una volta un eccezionale laboratorio politico. In quell'anno, infatti, vengono istituite le Regioni, in applicazione a quanto previsto dalla nostra Costituzione. Venti organismi politici nascono quindi "a freddo", con organi e istituzioni uguali tra loro stabiliti dalla legge, con strutture di rappresentanza, parlamenti e organi decisionali uguali. Venti stati in venti territori diversi.
E già dopo pochi anni cominciano ad apparire evidenti le differenze.
Putnam identifica otto criteri di qualità in base ai quali misurare le prestazioni democratiche e l'efficienza della rappresentanza delle nostre Regioni: dalla puntualità nella approvazione dei bilanci fino al numero di asili nido istituiti.
Il risultato è evidente. Le regioni del nord sono amministrate in modo più efficiente e partecipato rispetto a quelle del centro e del sud. E fin qui ben poco di inaspettato. Ma è l'ipotesi avanzata dall'autore per spiegare questa distanza che è stimolante.
Si osserva infatti che non esiste una correlazione diretta tra il rendimento economico (diciamo il PIL) prodotto dalle Regioni e il rendimento istituzionale. Se così fosse la Lombardia dovrebbe essere in testa alla classifica, mentre in testa troviamo l'Emilia Romagna.
Quello che fa la differenza è il concetto di Capitale Sociale. Ovvero la fiducia nelle norme che regolano la convivenza, e questa fiducia può nascere e radicarsi dove esiste una rete di relazioni, di socialità, di associazioni, di pratiche, di abitudine alla convivenza che si basa sulla fiducia reciproca. Si tratta di risorse che nascono da una rete di relazioni che si autoalimentano, nel senso che a differenza del capitale economico e materiale, più sono le risorse sociali che noi utilizziamo, più ne nascono di nuove dalle nuove relazioni che si sono create. Più si usano più crescono.
E' la storia della comunità locale che determina il Capitale Sociale.
Putnam ipotizza che il maggior grado di civismo che si registra al centro nord corrisponde geograficamente ai territori dove sono sorti e prosperati i Comuni Italiani nel 12° e 13° secolo.
E' in ambiente comunale che si sviluppa la democrazia partecipata (attraverso le corporazioni di mestiere e la partecipazione attiva della comunità alle decisioni politiche).
Dove al contrario si sono registrate le dominazioni straniere, per quanto in alcuni rari casi illuminate ed efficienti come il Regno dei Normanni al sud al tempo di Federico II, è mancata comunque, perché imposta e non sentita e partecipata dal basso la "fiducia verticale " che lega i governati ai governanti con il riconoscimento e l'identificazione dei primi con le istituzioni.
Nel Sud Italia è prevalso, in assenza di fiducia verticale, quello che è stato definito " familismo amorale", ovvero una rete orizzontale di relazioni chiuse di clan, di sangue, che fa argine alle sopraffazioni provenienti dall'esterno e dallo stesso potere politico sentito come nemico ed estraneo. Siamo già alla nascita della cultura mafiosa.
Capitale sociale, dunque, come premessa per la nascita di istituzioni inclusive ed efficienti, dove il cittadino non si sente solo e in cui possa identificarsi.
Nel nostro Veneto la repubblica di Venezia per otto secoli ha garantito la pace e la prosperità. Ha creato forme di governo ed istituzioni profondamente legate alla Chiesa ma allo stesso tempo estremamente concrete ed efficienti.
Nel nordest è presente da secoli, dai tempi della controriforma, una rete di chiese, di pievi, di parrocchie, di istituzioni religiose senza confronti in Italia, che si installano spesso sugli stessi siti delle preesistenti fortezze e presidi romani. Perché questa è una terra di confine che va difesa, prima dagli invasori del Nord, poi dalle eresie di Martin Lutero.
Il grande patriziato cattolico della serenissima, con bonomia e saggezza tutela e sviluppa questa rete di relazioni e di istituzioni nel segno della pace e della stabilità. Le stesse città venete confluiscono spontaneamente nella Repubblica di Venezia, alla ricerca della pace.
Al collasso della Repubblica veneta, la rete sociale della Chiesa regge e si sostituisce. Si evita in questo modo quella che Durkeim chiama "anomia". La morte della società, la disgregazione dei rapporti di fiducia e di identificazione delle persone con la collettività di cui fanno parte.
La Chiesa tiene insieme l'Italia anche nel Risorgimento, ma con un piccolo, immenso problema: porta Pia.
I conquistatori, i politici e le istituzioni sabaude che hanno fatto l'Italia sono sentite (anzi sono proprio) straniere, francesi. E l'aggressione al potere temporale del papa non viene perdonata.
Abbiamo quindi uno stato neonato, unitario ma fragile, che nasce contro la rete di capitale sociale della società che dovrebbe governare.
L'Italia nasce male, malissimo, quasi impossibile tenerla insieme. Per di più mentre al nord la rete sociale della Chiesa si pone come mediazione tra il potere e la società, tra i latifondisti e i contadini, al sud la chiesa è distante, chiusa nei palazzi apostolici, garante asettica delle istituzioni. E al sud infatti si sviluppa il familismo amorale.
Il Capitale Sociale come concetto fondamentale per capire i fondamenti della rappresentanza e la fiducia verticale nelle istituzioni. Il capitale sociale come corpo intermedio indispensabile affinché il potere possa ascoltare le istanze della società e comprenderne i bisogni.
La politica deve ascoltare i corpi intermedi. Tutto questo è oggi di straordinaria attualità.
La storia d'Italia non si risolve certo in queste interpretazioni, che devono essere intese come spunti per riflessioni ed approfondimenti, punti di vista originali per capire il presente.
Perché con il professor Almagisti abbiamo parlato certamente della storia delle istituzioni italiane, ma ancor di più e soprattutto abbiamo parlato delle manifestazioni dei forconi di questi giorni e delle crisi della rappresentanza. In diretta sulla storia.
Marco Amendola
La politica è lontana, addirittura nemica, i partiti non ascoltano e non rappresentano la Nazione, questo il "mood" dominante, questo l'ospite inquietante (parafrasando Nietzsche) che si aggira sempre meno furtivo nelle stanze della nostra casa comune.
Il professo Almagisti ha preso le mosse da un'opera fondamentale per una intera generazione di politologi: "La tradizione civica nelle regioni italiane"di Robert Putnam.
Nel 1970 questo giovane studioso americano si reca nel nostro Paese ad assistere ed indagare un evento politico unico, grazie al quale l'Italia si conferma ancora una volta un eccezionale laboratorio politico. In quell'anno, infatti, vengono istituite le Regioni, in applicazione a quanto previsto dalla nostra Costituzione. Venti organismi politici nascono quindi "a freddo", con organi e istituzioni uguali tra loro stabiliti dalla legge, con strutture di rappresentanza, parlamenti e organi decisionali uguali. Venti stati in venti territori diversi.
E già dopo pochi anni cominciano ad apparire evidenti le differenze.
Putnam identifica otto criteri di qualità in base ai quali misurare le prestazioni democratiche e l'efficienza della rappresentanza delle nostre Regioni: dalla puntualità nella approvazione dei bilanci fino al numero di asili nido istituiti.
Il risultato è evidente. Le regioni del nord sono amministrate in modo più efficiente e partecipato rispetto a quelle del centro e del sud. E fin qui ben poco di inaspettato. Ma è l'ipotesi avanzata dall'autore per spiegare questa distanza che è stimolante.
Si osserva infatti che non esiste una correlazione diretta tra il rendimento economico (diciamo il PIL) prodotto dalle Regioni e il rendimento istituzionale. Se così fosse la Lombardia dovrebbe essere in testa alla classifica, mentre in testa troviamo l'Emilia Romagna.
Quello che fa la differenza è il concetto di Capitale Sociale. Ovvero la fiducia nelle norme che regolano la convivenza, e questa fiducia può nascere e radicarsi dove esiste una rete di relazioni, di socialità, di associazioni, di pratiche, di abitudine alla convivenza che si basa sulla fiducia reciproca. Si tratta di risorse che nascono da una rete di relazioni che si autoalimentano, nel senso che a differenza del capitale economico e materiale, più sono le risorse sociali che noi utilizziamo, più ne nascono di nuove dalle nuove relazioni che si sono create. Più si usano più crescono.
E' la storia della comunità locale che determina il Capitale Sociale.
Putnam ipotizza che il maggior grado di civismo che si registra al centro nord corrisponde geograficamente ai territori dove sono sorti e prosperati i Comuni Italiani nel 12° e 13° secolo.
E' in ambiente comunale che si sviluppa la democrazia partecipata (attraverso le corporazioni di mestiere e la partecipazione attiva della comunità alle decisioni politiche).
Dove al contrario si sono registrate le dominazioni straniere, per quanto in alcuni rari casi illuminate ed efficienti come il Regno dei Normanni al sud al tempo di Federico II, è mancata comunque, perché imposta e non sentita e partecipata dal basso la "fiducia verticale " che lega i governati ai governanti con il riconoscimento e l'identificazione dei primi con le istituzioni.
Nel Sud Italia è prevalso, in assenza di fiducia verticale, quello che è stato definito " familismo amorale", ovvero una rete orizzontale di relazioni chiuse di clan, di sangue, che fa argine alle sopraffazioni provenienti dall'esterno e dallo stesso potere politico sentito come nemico ed estraneo. Siamo già alla nascita della cultura mafiosa.
Capitale sociale, dunque, come premessa per la nascita di istituzioni inclusive ed efficienti, dove il cittadino non si sente solo e in cui possa identificarsi.
Nel nostro Veneto la repubblica di Venezia per otto secoli ha garantito la pace e la prosperità. Ha creato forme di governo ed istituzioni profondamente legate alla Chiesa ma allo stesso tempo estremamente concrete ed efficienti.
Nel nordest è presente da secoli, dai tempi della controriforma, una rete di chiese, di pievi, di parrocchie, di istituzioni religiose senza confronti in Italia, che si installano spesso sugli stessi siti delle preesistenti fortezze e presidi romani. Perché questa è una terra di confine che va difesa, prima dagli invasori del Nord, poi dalle eresie di Martin Lutero.
Il grande patriziato cattolico della serenissima, con bonomia e saggezza tutela e sviluppa questa rete di relazioni e di istituzioni nel segno della pace e della stabilità. Le stesse città venete confluiscono spontaneamente nella Repubblica di Venezia, alla ricerca della pace.
Al collasso della Repubblica veneta, la rete sociale della Chiesa regge e si sostituisce. Si evita in questo modo quella che Durkeim chiama "anomia". La morte della società, la disgregazione dei rapporti di fiducia e di identificazione delle persone con la collettività di cui fanno parte.
La Chiesa tiene insieme l'Italia anche nel Risorgimento, ma con un piccolo, immenso problema: porta Pia.
I conquistatori, i politici e le istituzioni sabaude che hanno fatto l'Italia sono sentite (anzi sono proprio) straniere, francesi. E l'aggressione al potere temporale del papa non viene perdonata.
Abbiamo quindi uno stato neonato, unitario ma fragile, che nasce contro la rete di capitale sociale della società che dovrebbe governare.
L'Italia nasce male, malissimo, quasi impossibile tenerla insieme. Per di più mentre al nord la rete sociale della Chiesa si pone come mediazione tra il potere e la società, tra i latifondisti e i contadini, al sud la chiesa è distante, chiusa nei palazzi apostolici, garante asettica delle istituzioni. E al sud infatti si sviluppa il familismo amorale.
Il Capitale Sociale come concetto fondamentale per capire i fondamenti della rappresentanza e la fiducia verticale nelle istituzioni. Il capitale sociale come corpo intermedio indispensabile affinché il potere possa ascoltare le istanze della società e comprenderne i bisogni.
La politica deve ascoltare i corpi intermedi. Tutto questo è oggi di straordinaria attualità.
La storia d'Italia non si risolve certo in queste interpretazioni, che devono essere intese come spunti per riflessioni ed approfondimenti, punti di vista originali per capire il presente.
Perché con il professor Almagisti abbiamo parlato certamente della storia delle istituzioni italiane, ma ancor di più e soprattutto abbiamo parlato delle manifestazioni dei forconi di questi giorni e delle crisi della rappresentanza. In diretta sulla storia.
Marco Amendola